Nulla

Nessuna cosa, in nessuna quantità o misura; inezia, cosa da poco, una piccolissima quantità. (“Dio ha Creato tutte le cose dal Nulla”, “il Nulla Eterno”, “l’Inesprimibile Nulla”). Nella logica matematica il nulla è la classe cui non appartiene alcun elemento (insieme vuoto, insieme nullo, ecc.). Tutti gli insiemi, anche quelli con nessun elemento in comune, hanno comunque in comune l’insieme vuoto (ad esempio, l’insieme A dei numeri pari e l’insieme B dei numeri dispari hanno in comune l’insieme vuoto).

Filosofia

Nulla in Occidente
Il termine “nulla” è spesso indicato con la locuzione “non-essere”. Nella storia della filosofia due concezioni si sono alternate:

  1. il Nulla come non-essere con capostipite Parmenide. Per Parmenide e la scuola eleatica l’esistenza del nulla è una contraddizione impensabile, giacché il nulla denota proprio la mancanza di essere, ovvero il non-essere. Parmenide afferma che “il Nulla non è” e che “non si può né conoscere né esprimere”.
  2. il Nulla come alterità o negazione con capostipite Platone. Platone ammette l’essere del non essere e definisce il Nulla come alterità dell’essere, in quanto negazione di un essere determinato. Sostiene che il non essere esiste in quanto non è nulla, bensì è il diverso, così come il non-essere del bene non è il nulla, bensì il male.

Nel pensiero antico dal nulla non si genera nulla, mentre a partire dalla filosofia cristiana s’introduce l’idea di una creazione divina che produce qualcosa dal nulla.

La filosofia moderna è orientata a risolvere l’essere nel divenire e a questo scopo è diretta la concezione del nulla sostenuta da Hegel.
Hegel riprende la problematica del nulla nello studio della logica. Ritiene che all’inizio della logica debba porsi l’essere indeterminato, il quale in quanto indeterminato si contrappone alla serie delle determinazioni reali e, in quanto essere si contrappone al nulla. Essendo, però, indeterminato risulta immediatamente coincidente col nulla, nel quale si converte.
Per Heidegger il Nulla appartiene costitutivamente all’essenza dell’essere. L’esistere infatti non è altro che il tentativo di “annullare il nulla”. Perciò il mondo stesso è il nulla e proprio in ciò consiste il paradosso dell’esistenza: l’esistenza sorge dal Nulla e sparisce nel Nulla. Il Nulla quindi costituisce lo stimolo e il principio stesso del filosofare. Il nulla è “la negazione radicale della totalità dell’esistente”, cioè è Nulla assoluto.

Nulla in Oriente
Nei principi filosofici indoeuropei – presenti ad esempio nei Veda, nel Vedanta e nel Buddhismo in India, nel Taoismo in Cina, nel buddhismo Zen in Giappone – il Nulla è strettamente collegato al Vuoto inteso come infinite potenzialità di espressione.
Tutto ciò che “è” (la forma) ha origine da ciò che “non-è” (il senza forma): la forma è generata dal senza forma, così come la forma diverrà poi il senza forma.
Il Nulla non è un’entità “negativa” ma diviene fonte di pienezza poiché il vuoto è considerato uno spazio cavo pronto sia ad accogliere sia a fornire informazioni che divengono infinite potenzialità di trasformazione/manifestazione.
La manifestazione ha origine da un’apparente mancanza di equilibrio tra vuoto e pieno. Il silenzio si trasforma in suono e la quiete in movimento (fenomenico).
Particolarmente significativo è il concetto di Nulla Assoluto ed Esperienza Pura su cui si basa la filosofia di Kitarō Nishida, fondatore della scuola di Kyoto. L’“Esperienza Pura” è la coscienza dell’unità prima della separazione fra soggetto e oggetto. Il Nulla Assoluto è il luogo metafisico in cui si ha l’autoconsapevolezza dell’Esperienza Pura. La realtà manifesta (maya) deriva direttamente dall’Uno come un’eco che risuona dal vuoto.

Percorso etimologico

Il termine nulla deriva dal latino, nullus (nessuno, alcuno, non, nullo, inesistente, senza valore) composto da nē (non) + ullus (nessuno, alcuno).
Nullus deriva dalle radici sanscrite niḥ e nir. Entrambe sono usate come prefissi che indicano sia la privazione (senza) sia la fine, la completa cessazione di qualcosa, o il ritorno (cfr. i termini Nirvāṇa e Nirodha: riassorbimento nella “sostanza” di ciò che prima era emerso come forma o modificazione).
Il termine Nulla corrisponde anche al sanscrito śūnya (Vuoto), o śūnyatā (Vacuità), e uccheda (il Nulla).

In tibetano il concetto di nulla viene espresso con i termini mi (no, uomo), nyamas (nulla, comprendere, anima, spirito, condizione), med-pa (non essere, non esistente, essere senza, essere non esistente, non avere). Quest’ultimo dalla radice me che significa fuoco.
In ebraico “ayin” (“nulla”), è un importante concetto della Cabala e della filosofia chassidica. I cabalisti consideravano l’ayin (“negatività”) come zero assoluto. Dall’ayin si generò l’universo e in seguito l’“infinito” (ayin suph) divenne la natura stessa dell’ayin. Da qui il concetto dell’ayin suph aur (“luce infinita del caos”). Quando poi la luce infinita si concentrò in un centro sorse la prima idea “positiva” (kether), attribuita al numero uno.

Le radici sanscrite “niḥ” e “nir” – e in altre culture “mi”, “me” e “mu” – concorrono quindi a esprimere il concetto del “Nulla”, considerato anche “Vuoto contenitore”.