Il Bordo Nulla

Nella prima parte di questa trattazione filosofico-metafisica, nel caos alla ricerca della regola, è stato necessario soffermarsi su ciò che la scienza ha già scoperto (se pur solo a parole e con molte ipotesi fatte passare per teorie… tanto per confondere di più chi scrive, quindi chi legge).
Non sono un esperto di matematica e fisica, sono solo qualcuno che si è accostato alla materia leggendo testi divulgativi, e ho esposto i miei dubbi con tutta l’ignoranza del neofita.
A un certo punto, durante le mie ricerche, mi è tornato in mente un enigmatico detto dei mistici del passato: “la forma è vacuità, la vacuità è forma”.
Le due parole, “forma” e “vacuità”, implicano una lunga spiegazione in capitoli specifici, ma la “è” centrale l’ho vissuta subito come BoNu (Bordo Nulla).
Il motivo è semplice: per esserci bisogna “sapere” di provenire dal NON essere e per non esserci bisogna “vivere” l’essere. È il dilemma shakespeariano “Essere e non essere questo è il problema”. Scusate se ho sostituito al “dubbioso” o il “collegante” e, ma ricordiamo che De Broglie, nel 1927, alla domanda: “onda o particella?” rispose: “onda e particella”. Non c’è separazione tra il sistema mentale e intellettivo e quello della fisica/particelle, matematica/onde, cioè tra l’“apparato” e il sistema.

Il principio di indeterminazione di Heisenberg implica che due coppie di energia in interazione quali:

  • 1) osservatore e 2) posizione di una particella (“posizione” è una quantità?)
  • 1) osservatore e 2) velocità (“velocità” è una quantità?)

non possano essere predette contemporaneamente, misurate con precisione completa.
Alle proteste degli esperti vorrei rispondere che non bisogna dimenticare di chiedersi: “quale ‘quantità’ immersa nell’esperimento è l’osservatore?”. Non possiamo definirlo “oggettivo”, perché per esserlo dovrebbe trovarsi a distanza infinita, in modo da non interagire influenzando l’osservazione. E se invece partecipa, immerso nell’esperimento? E se lo influenza modificando il risultato con la sua presenza, attraverso particelle interagenti?
Interpretare il risultato, tramutarlo in pensiero. Tutto ciò si spiega con il Bordo Nulla oppure no?
Potremmo supporre che le ipotesi della relatività generale, dei quanti, delle stringhe e dei campi, oggi siano erroneamente chiamate “teorie”. Non possono essere provate, quindi restano ipotesi; la completa mancanza di certezza ci assicura che ci sarà una prossima ipotesi, a contraddire la precedente.
In genere anche solo ampliare, restringere, modificare, è produrre un nuovo dubbio. È accaduto tra le due ipotesi della relatività e della quantistica, ed è ciò che, in un evidente percorso di “nulla di chiaro” (nemmeno tra esperti), si è mostrato alla comunità scientifica: “osservatore” che si rende conto del non conciliarsi di tutte le realtà ipotizzate e teorizzate.
Bisognerebbe abbandonare ipotesi o teorie vecchie e non dimostrate, impossibili a provarsi per la presenza di infiniti che richiedono normalizzazioni nei calcoli. Non siamo obbligati a far derivare le nuove teorie dalle precedenti, che sembrano o sono perdenti perché incompatibili tra loro.
Ci sarà, prima o poi, la possibilità di formulare una teoria che descriva la Realtà e il collegamento Unico dell’intero universo?
Io propongo il Bordo Nulla: una ipotesi, per ora filosofica, da rendere teoria e poi scienza.
Auguri ai matematici e ai fisici, teorici e sperimentali.