Intelletto
Nel linguaggio comune il termine intelletto è usato per designare la capacità di pensare, di ragionare, di intendere le idee o di formare i concetti. È anche adoperato come sinonimo di intelligenza, di ragione. Pertanto l’intelletto è inteso come il potere conoscitivo della mente contrapposta alla sensibilità, alla volontà, ecc.
Deriva dal latino intellectŭs (intelletto, intelligenza, conoscenza, cognizione, percezione sensoriale, discernimento, sensazione, il comprendere, idea), participio passato del verbo intellĭgĕre (intendere, discernere, accorgersi, essere dotato di intelligenza, comprendere, capire, vedere, notare, pensare, credere, avere cognizione, essere competente).
Intellectŭs è composto da intŭs (dentro, interno, in petto, intimo) e lĕgĕre (scegliere, leggere, studiare, raccogliere, cogliere, estrarre, ragguagliare, raccontare, dire, cogliere, affermare).
Quest’ultimo verbo deriva dal greco λέγω [lego] (raccogliere, recitare) che, a sua volta, proviene dal sanscrito lag (moto che trattiene in ogni direzione, legare, collegare, raccogliere, parlare a voce alta) e da lakṣ (congiungere per trattenere in tutte le direzioni, osservare, segnare, collegare, marcare, caratterizzare, conoscere, indicare, capire).
Il termine intellectŭs fu adottato dalla scolastica medievale per tradurre il greco νοῦς [nus] (mente, animo, pensiero, saggezza, intelligenza, coscienza, concetto, idea), in quanto contrapposto alla διάνοια [dianoia] (ragione, pensiero, intelligenza, concetto, proposito, intenzione).
Per analogo motivo fu introdotto il termine intellĭgentĭa (intelligenza, capacità di percepire, facoltà di comprendere e conoscere, capacità, conoscenza, perizia, concetto, nozione), atto dell’intellectŭs, corrispondente alla νόησις [noesis], atto del νοῦς [nus]. Comunque la differenza tra i due termini ha avuto solo di rado rilievo filosofico.
Riprendendo le radici indoeuropee lag e lakṣ, si può evidenziare come la prima sia riconducibile a intellĭgentĭa proprio per il significato di “cogliere il senso delle cose”, mentre la seconda a intellectŭs per l’atto di “segnare, marcare ciò che è stato collegato”.
Tale percorso etimologico delinea, pertanto, l’intelletto come la facoltà che “segna e registra in modo stabile, collegando le informazioni che giungono da tutte le direzioni”.