Il Cubo di Penrose – I Parte
La figura è la rielaborazione di un grafico presentato da Penrose nel testo Il grande, il piccolo e la mente umana(1). La figura mostra un cubo con alcuni lati curvi (quello della relatività ristretta, della relatività generale, di Newton, della teoria quantistica dei campi…) e una serie di freccette distorte che Penrose e altri avevano chiamato “processi mentali contorti”.
In corrispondenza dei vertici del cubo l’autore disegnava dei riquadri indicanti le principali concezioni della fisica e spiegava:
“in questa illustrazione ho collegato le varie teorie ai vertici di un cubo distorto. I tre assi del cubo corrispondono alle tre costanti di base della fisica: la costante gravitazionale G (asse orizzontale), la velocità della luce espressa nella forma reciproca(2) c-1 (asse diagonale), e la costante di Planck-Dirac ћ (asse verticale verso il basso)(3). Ciascuna di queste costanti è molto piccola in termini ordinari, e può essere considerata uguale a zero con buona approssimazione”(4).
Poi proseguiva:
“Se le consideriamo tutte e tre [n.d.a. le costanti] come zero, otteniamo quella che chiamo fisica galileiana(5) (in alto a sinistra). Una costante gravitazionale diversa da zero ci fa spostare lungo l’asse orizzontale verso la teoria di Newton(6) (la cui formulazione come geometria dello spazio-tempo è stata data da Cartan(7) solo in seguito). Se, invece, ammettiamo che c-1 sia diverso da zero, otteniamo la teoria della relatività ristretta di Poincaré(8), Einstein e Minkowski(9).
La faccia superiore del nostro cubo distorto è completata se assumiamo che entrambe queste costanti siano diverse da zero, e così otteniamo la teoria generale della relatività. Tuttavia questa generalizzazione non è affatto immediata […] mediante le distorsioni del quadrato superiore. Considerando ћ diverso da zero ma tornando per il momento a G=c-1=0 otteniamo la meccanica quantistica”(10).
Con il suo grafico Penrose ha voluto illustrare, alla luce di nuove conoscenze, le basi apparenti di diverse teorie.
Ma le teorie di Galileo, di Newton e di Einstein sono certezze? Tutto ciò ha senso? A quanto sembra, niente coincide, niente porta a una soluzione in grado di Unificare.
Nel suo testo, lo stesso Penrose ammetteva:
“è noto che i principi della Fisica Gravitazionale sono fondamentalmente in conflitto con quelli della meccanica quantistica”(11).
E continuava: “la teoria che, considerando tutte e tre le costanti, ћ, G e c-1, completa davvero il “cubo”, dovrebbe essere qualcosa di ancora più sottile e sofisticato dal punto di vista matematico. Ecco, chiaramente, un compito per il futuro.”(12)
Per svolgere il quesito/compito lasciatoci da Penrose ho aggiunto al grafico la formula racchiusa nel riquadro con il punto interrogativo. Poi ho aggiunto l’ipercubo(13), il punto centrale e la gravità quantistica. Penrose, non dà soluzione al problema di una teoria unificante, per me la soluzione esiste ed è contenuta nell’ipotesi del Bordo Nulla. Proverò a spiegarla, usando molta filosofia e pochissima matematica.
Partiamo dallo Zero, dal Nulla. Vuoto Assoluto. Non esiste nessuna numerazione e nessuna matematica, perché nascono entrambe nel momento stesso in cui la coscienza le applica alle cose già presenti, che vanno esattamente da zero a uno. Questo vale per tutto, in tutti gli universi: il Nulla c’è oppure non c’è, zero!
Da 0 a 1 ci sono infiniti numeri, sufficienti per ogni conteggio. Ma ogni calcolo che facciamo è superficiale e approssimato, una mela più una mela non dà come risultato due mele. Esistono due mele uguali? No.
Non esistono due “x” uguali al mondo, ci sono “x”, “x1”, “x2”… “y”, “alfa”, “beta”, “gamma”, ecc. Quindi, non potendo dire che esistano due cose uguali, non si può affermare che x più x sia uguale a 2x. Il risultato della somma x + y non può essere né 2x né 2y, una mela è una mela e un’altra mela è un’altra mela, completamente differenti.
L’uomo primitivo aveva forse bisogno di un conteggio che comportasse uguaglianze reali, nel barattare oggetti diversi?
Facciamo calcoli superficiali, senza sapere che più ci avviciniamo alla profondità delle cose e più ci accostiamo alla Realtà, o Coscienza Universale, che si trova in “prossimità” dello zero. La Realtà è la sola “cosa” che ci rende uguali al BoNu. L’interazione dei Quattro Sistemi con la relatività della coscienza mentale (uno di essi) ci rende unici, quindi separati nella libertà della mente che si svincola dalla legge causa-effetto.
Nella natura più sottile, più intima e profonda della materia, sono proprio la Costante Gravitazionale, la Velocità della Luce (reciproca) e la costante di Planck-Dirac a tendere a zero. Ma quando ci approssimiamo allo (Z)zero, quando la natura computabile delle cose si approssima al “finire”, la Realtà sfugge perché perde la dimensione spazio-atemporale e “intervengono” le varie censure.
Più ci avviciniamo alla Realtà, più perdiamo noi stessi e ogni capacità di calcolo. Perché?
Sin dai tempi più antichi i maestri parlavano della contemplazione come di una perdita dell’“io”, del pensiero, e spiegavano che l’armonia era “l’annullamento delle modificazioni della mente”. Facevano riferimento al Tao e a quanto portava a un azzeramento della coscienza, azzeramento che non è una perdita di coscienza, è l’acquisizione della Realtà: una specie di coscienza superiore, che perde le caratteristiche della coscienza cosciente(14) e della “relativa” consapevolezza di noi stessi.
Da cosa è composto, in realtà, “noi stessi”? Da particelle con determinati spin e una certa energia, quantificabili con la Costante di Planck-Dirac. Alcune di esse viaggiano a una velocità simile a quella della luce (elettroni, protoni, neutrini) e hanno una Costante Gravitazionale. Tutte e tre le costanti, come dice lo stesso Penrose, potrebbero tendere a zero.
(1) ^ R. Penrose Il grande, il piccolo e la mente umana. Raffaello Cortina Editore. Milano, 1998. Il riferimento è alla fig. 2.22 di pag. 94.
(2) ^ Con reciproco di un numero a si indica il numero 1/a, che può essere anche indicato come a−1.
(3) ^ ћ si legge “h tagliata” e rappresenta la “costante di Planck” diviso 2π (h/2π), detta appunto “costante di Planck-Dirac”.
(4) ^ R. Penrose Il grande, il piccolo e la mente umana. Op. cit., pag. 93.
(5) ^ Con Galilei si assiste alla nascita della fisica moderna, che si distingue da quella aristotelica per 4 temi fondamentali: il metodo (sperimentale), il movimento (studio delle leggi del movimento e delle forze), la materia (i cambiamenti della materia sono ricondotti al moto e alla ricombinazione degli atomi), il cosmo (eliocentrismo). Nello studio del movimento Galileo formula il Principio di Relatività: non è possibile determinare il moto assoluto di un corpo; si può definire il moto solo relativamente ad un osservatore.
(6) ^ Nel 1687 Newton pubblicò l’opera Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, nella quale descrisse la legge di gravitazione universale e creò i fondamenti per la meccanica classica. Nella legge di gravitazione universale appare la costante gravitazionale G, la quale costituisce il fattore di proporzionalità tra: la forza F di attrazione gravitazionale, le masse M1 e M2 e il quadrato della distanza r che le separa. Infatti la formula della legge è: F = G x M1 x M2 / r2. Il valore di G, determinato sperimentalmente, è: G = (6,672 59 ± 0,00085) x 10-11 espresso in N x m2 / kg2.
(7) ^ Elie Cartan (1869-1951), matematico francese, sviluppò una teoria geometrica in cui uno dei postulati era l’equivalenza tra massa gravitazionale e massa inerziale. Questa equivalenza non è richiesta dalla teoria di Newton della gravitazione (in cui l’uguaglianza è solo un fatto sperimentale) e costituirà la base per la formulazione del principio di equivalenza della relatività generale, che stabilisce l’impossibilità di distinguere tra i fenomeni osservati in un campo gravitazionale uniforme e quelli osservati in un sistema mobile con accelerazione costante (esperimento concettuale dell’ascensore in caduta libera).
(8) ^ Jules Henri Poincaré (1854-1912), fisico, matematico e filosofo francese, enunciò “il principio di relatività” nel 1904, un anno prima della pubblicazione della “relatività ristretta” da parte di Einstein. Poincaré sosteneva che “le leggi dei fenomeni fisici dovrebbero essere le stesse tanto per un osservatore fisso che per uno che si muove di moto traslatorio uniforme”. Si tratta della base concettuale della relatività ristretta, costruita sull’invarianza delle leggi dell’elettromagnetismo per osservatori in moto rettilineo uniforme tra di loro.
(9) ^ H. Minkowski (1864-1909) riprende i concetti della relatività ristretta e, osservando che in questa lo spazio e il tempo appaiono indissolubilmente legati, propone di fondere lo spazio e il tempo in un continuo a quattro dimensioni. Nasce così lo spazio-tempo quadridimensionale.
(10) ^ Penrose R. Il grande, il piccolo e la mente umana. Op. cit., pag. 93-94.
(11) ^ Ivi, pag. 95.
(12) ^ Ivi, pag. 95.
(13) ^ L’ipercubo è l’estensione a n dimensioni del concetto di cubo. Nel generare le varie figure è necessario spostarsi ogni volta in una nuova direzione, perpendicolare a tutte le precedenti. Il passo successivo alle tre dimensioni sembra problematico, visto che non esiste una quarta direzione perpendicolare ai tre spigoli del cubo. Molto spesso con il termine ipercubo si designa il solo ipercubo quadridimensionale, chiamato anche tesseratto, costituito da 24 facce bidimensionali quadrate e da 8 facce 3-dimensionali cubiche. Il tesseratto è quindi una figura che sta al cubo come il cubo sta al quadrato.
(14) ^ Anche detto “percezione flusso zero”.