Il collasso del cubo di Penrose – I Parte
Penrose nel suo schema ha indicato la Costante Gravitazionale (G), la Velocità della Luce (c) e la Costante di Planck (ћ) con tre frecce dritte che, introducendo la relatività ristretta, a mano a mano iniziano a distorcersi sempre di più. Einstein ha elaborato un’ipotesi che non collima con la teoria dei quanti, perché qualcosa che ha per fondamento un errore non può collimare con niente. Infatti nella teoria della relattività ristretta si considera “costante” e invalicabile la velocità della luce, ma il fenomeno dell’entanglement (evidenziato nell’esperimento Roma-Ginevra)(1) contraddice questo assunto.
Se il soggetto su cui teorizzare non esiste, come si può elaborare una teoria reale? Una cosa falsa resta falsa, anche se viene ripetuta continuamente e molti credono che sia vera. Da quanti è composto quel “molti”?
Einstein, lavorando all’Ufficio Brevetti di Ginevra, ebbe modo di leggere le teorie di Poincarée e farle proprie, sostenendo poi di averle “guardate” da un altro punto di vista(2). Ma il miglior punto di vista è quello che li somma tutti.
Per quanto riguarda la fisica quantistica sappiamo che, in base al principio di Heisenberg, è impossibile calcolare la posizione di una particella quando è in movimento. Infatti, la particella non c’è se è onda, e ovviamente non si può calcolare qualcosa che non c’è. Quindi incertezza, non calcoli!
Come si può costruire una teoria su qualcosa che manca? (Manca perché non ci sono i sistemi per vedere se esista).
Come si fa, ad esempio, a osservare il tempo in un mattone fondamentale della materia, il protone, che non è mai stato visto decadere o morire?
La scienza attuale funziona così: nota un effetto o un concatenarsi di effetti, teorizza sia successo qualcosa e fa calcoli matematici su entità inesistenti, che inventa del tutto (come nel caso degli elementi chimici 113, 114, 116, 118, ecc.)(3)!
Cosa vediamo? Vediamo l’effetto di un fenomeno, non il fenomeno. Credendo che l’effetto sia il fenomeno pensiamo di individuarne la causa, che ovviamente non si trova. Facciamo calcoli mostruosi, applichiamo la matematica a eventi impossibili da vedere, da cui deduciamo sia accaduto qualcosa.
La nostra coscienza, apparentemente separata, si trova in due dei Quattro Sistemi di interazione universale (SM e SP). Di “qua” non si vede il terzo Sistema (SR) nell’interazione con il quarto (SI), però, se avviene un certo fenomeno, diciamo che la causa sono due dei Quattro Sistemi e deduciamo quali siano gli altri due. Così spesso procede oggi la scienza quando si basa sulla sola matematica. Così si prendono premi Nobel con ipotesi sbagliate ed elementi inesistenti.
Attraverso un’ipotesi ben precisa, il ricercatore Massimo Corbucci ha spiegato che gli elementi sono solo 112; tutto il mondo invece va dietro agli elementi 113, 114 e così via, con tanto di premi Nobel immeritati o dubbi(4).
I calcoli che hanno portato ai premi Nobel non sono reali e non lo sono nemmeno i risultati, che non derivano da niente di certo: solo ipotesi.
Abbiamo una sicurezza: inizio (Big Bang) evoluzione fino alla coscienza, la nostra, e fine conosciuta attualmente (Buco Nero). Poi possiamo ipotizzare filosoficamente il Bordo Nulla, dove c’è la contemporaneità di entrambi.
L’ipercubo, in teoria, è un piccolo punto che si è via via organizzato con una serie di facce. La nostra coscienza, la nostra consapevolezza, le ha chiamate “Costante Gravitazionale”, “Velocità della Luce” (reciproca) e “costante di Planck”.
L’ipercubo, a mio parere, cresce in maniera costante in alcuni valori che esprime, ma “implode” continuamente nel suo “centro BoNu” (non il grafico naturalmente, bensì ciò che rappresenta, fig.1). C’è una continua crescita (espansione) e implosione dello stesso insieme teorico (l’universo) al suo centro BoNu, che è il “Big Bang”, il Buco Nero, il Tutto senza tempo(5).
Nell’universo abbiamo, quindi, un’espansione delle facce della coscienza attraverso il passaggio graduale di miliardi di illusori anni di crescita evolutiva (per la coscienza umana) e contemporaneamente, negli aspetti più sottili, il continuo collasso del cubo di interazioni al suo centro per mezzo del Bordo Nulla. I vari “vuoti” si trovano tutti nello stesso posto perché, non avendo spazio e non avendo dimensioni (non sono locati), mantengono la coerenza e la presenza nel medesimo punto del “Big Bang”.
L’universo è in continua espansione e tende a collassare al suo centro (cioè i buchi neri, cioè il Bordo Nulla, cioè ogni singolarità e “Oltre”), dove non c’è spazio né tempo: la stessa condizione teorizzata all’interno dei Buchi Neri. Ma se non c’è né spazio né tempo, dove sono collocati tutti i centri dei Buchi Neri? Al centro del cubo, dove “stava” il “Big Bang”, qualunque sia la distanza spaziale all’interno dell’universo. Infatti, tutti i Buchi Neri hanno un collegamento unico: il Bordo Nulla, la Rete di Indra, ossia la rete neutronica-protonica e le centinaia di particelle dove l’esperienza delle particelle stesse comunica all’istante (in quanto non c’è spazio-tempo) al Buco Nero, al “Big Bang” iniziale e al Bordo Nulla, sia l’evento espansivo del sistema della teoria del cubo (con le sue “regole variabili”, ma “collassabili”), sia l’evento espansivo della coscienza degli esseri che lo costruiscono.
La complessa interazione nei Quattro Sistemi delle particelle e delle onde, con i loro comportamenti (ci sono e non ci sono) resta l’unica ipotesi concepibile(6), sempre in attesa di scoprirne una nuova e migliore.
(1) ^ Nel 1980, presso l’I.N.F.N. (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) di Roma, furono separati due elettroni accoppiati. Uno dei due elettroni, confinato in un contenitore magnetico, venne trasportato al C.E.R.N. (Centro Europeo di Ricerche Nucleari) di Ginevra, dove si provocò una variazione di spin dell’elettrone. Nello stesso istante anche lo spin dell’elettrone rimasto a Roma cambiò. Nello stesso istante, a tempo zero! Altro che velocità della luce. L’ipotesi del Bordo Nulla permette una spiegazione: ogni particella è “affacciata” al Vuoto senza spazio né tempo che relaziona all’istante.
(2) ^ Si veda nota 8 del brano “Il cubo di Penrose I parte”.
(3) ^ Nel 1999 i ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory annunciarono di essere riusciti a montare gli elementi “superpesanti” con numero atomico 116 e 118 in un articolo pubblicato in Physical Review Letters. L’anno seguente ritirarono l’articolo e nel 2002 il direttore del laboratorio annunciò pubblicamente che i dati erano stati truccati: gli elementi 116 e 118 non sono mai esistiti.
(4) ^ Nobel dubbi come quello assegnato per la fisica nel 1963. Quell’anno il Premio fu diviso: una metà a Eugene Paul Wigner (per i suoi contributi alla teoria del nucleo atomico e le particelle elementari, in particolare attraverso la scoperta e l’applicazione dei principi di simmetria fondamentali) e l’altra metà a Maria Goeppert-Mayer e a J. Hans D. Jensen (“per le loro scoperte sulla struttura nucleare a guscio”). Il modello nucleare a shell, ipotizzava l’esistenza di “numeri magici” di protoni nel nucleo, in corrispondenza dei quali questo avrebbe assunto una maggiore stabilità. Ma secondo Massimo Corbucci (in Alla scoperta della Particella di Dio. Op. cit. pag. 32): “Tre Fisici, Mayer, Wigner e Jansen, che ebbero il Nobel, calcolarono con l’aiuto di potenti mezzi matematici che 114 protoni si sarebbero come “incatenati” tra loro, formando un nucleo indistruttibile non più radioattivo. Questo alimentò la certezza che si sarebbe potuto “vedere” un nuovo metallo, idoneo all’inizio di una nuova era dell’umanità. Il metallo fatto di atomi con 114 protoni, appunto. La nazione candidata alla realizzazione di questo Santo Graal era ovviamente la Germania, in possesso dell’UNILAC”. E ancora: “Nel 1976, [ndr Massimo Corbucci] rifacendo un’equazione, si rese conto che l’atomo non poteva avere la struttura che si insegna in tutte le scuole e propose una nuova struttura, con limite strutturale a 112, la quale presentava una sorta di “Buco Nero” nel nucleo, denominato ‘VuotoQuantomeccanico’. (…) Avendo la Comunità scientifica già conferito un premio Nobel per una teoria particolare sulla possibilità di ottenere un Elemento non più radioattivo, di numero atomico 114, la sua ipotesi [ndr: di Massimo Corbucci] fu rigettata” (da www.mednat.org/new_scienza/Luce_materia.htm). Nobel dubbi… ma una teoria che si riveli, dopo 50 anni, non corretta, può anche essere giudicata utile al progresso scientifico. Di solito le concezioni “errate” permettono di arrivare a quelle più “giuste”, siamo di questa opinione specie per l’ipotesi del BoNu.
(5) ^ Ipotizziamo che tutto sia costantemente “collassante” nel BoNu (anche nel Buco Nero).
(6) ^ Che i critici ne propongano un’altra insieme alla critica, sarà ben accetta.